“Tu li vedrai tra quella gente vana che spera in Talamone, e perderagli più di speranza ch’a trovar la Diana”, così Dante Alighieri, per bocca della sfortunata Sapia, definiva i senesi nel tredicesimo canto del Purgatorio, un popolo vano alla ricerca di un fiume immaginario.
E veramente a Siena per secoli si credette nell’esistenza di un corso d’acqua sotterraneo che attraversasse la città e così tanti soldi ed energie furono spesi alla sua ricerca.
Siena sorge su tre colline, in una posizione privilegiata rispetto all’aria malsana che si respirava nelle pianure, ma svantaggiosa dal punto di vista della vicinanza di bacini idrici: i fiumi più grandi le erano lontani, mentre quelli vicini avevano una portata d’acqua assai scarsa per la maggior parte dell’anno.
La poca disponibilità di acqua ha dunque rappresentato a lungo un problema grave per i governanti della città, costretti a fare i conti con le esigenze dell’igiene, dell’alimentazione, degli opifici industriali e dei mulini che rifornivano Siena di farina.
La convinzione dell’esistenza del mitico fiume sotterraneo nacque quindi da una forte esigenza concreta e fu alimentata da alcuni fatti “curiosi”: in alcune zone della città (Pian dei Mantellini e Porta San Marco, in particolare) quasi tutte le pareti delle cantine trasudavano costantemente di abbondante umidità, come del resto avviene ancora oggi. Nelle stesse zone inoltre si diceva possibile sentire il mormorio dello scorrere di un fiume sotto le pietre (e c’è chi giura di sentirlo ancora adesso nelle notti silenziose).
Le ricerche del mitico corso d’acqua, chiamato da subito Diana, iniziarono nel 1176 per volontà dei frati del convento di San Niccolò del Carmine. A seguito degli scavi di alcuni pozzi, fu trovata la prima vena d’acqua nel sottosuolo e venne chiamata “pozzo della Diana”.
Passato un secolo, nel 1295, il Consiglio Generale cittadino volle ancora proseguire la ricerca del fiume sotterraneo. Così il Comune continuò a finanziare i lavori, vennero consultati astrologi e indovini per individuare i migliori punti in cui scavare, ma del fiume ancora nessuna traccia.
Man mano che l’idea che nel sottosuolo scorresse un fiume diventava sempre più una leggenda; si giunse però a capire che il terreno molto poroso e permeabile della città poteva funzionare da collettore di vene d’acqua e bacini idrici. Fu allora scavata una fitta rete di cunicoli sotterranei nel tufo, i quali, grazie alle caratteristiche del terreno, facevano filtrare l’acqua piovana, depurandola, e la convogliavano in una scanalatura, detta “gorello”. La millimetrica pendenza del gorello faceva in modo che l’acqua fosse portata in tutta la città, per andare a sfociare nelle fonti pubbliche.
Queste gallerie sotterranee erano realizzate quasi sempre con la tipica volta “a botte”, e da qui il nome “bottini”.
Prima della fine del 1400 si raggiunse la massima estensione della rete sotterranea: le gallerie si estendono ancora oggi per circa 25 km e sono per la maggior parte scavate nella roccia. Le pareti sono coperte da incrostazioni di calcio, stalattiti e stalagmiti.
Un vero e proprio acquedotto che ha rappresentato per secoli l’unica fonte di approvvigionamento idrico della città: è stato sostituito dal moderno acquedotto delle sorgenti del Vivo soltanto dopo la prima guerra mondiale.
La rete di bottini è ancora perfettamente funzionante e tuttora alimenta con efficienza le fonti storiche della città ! Questo soprattutto grazie ad una straordinaria associazione di volontari (che non poteva che chiamarsi “La Diana”!) la quale, fin dalla metà degli anni ’90, ha come obiettivo dichiarato lo studio, la valorizzazione, e la tutela dei Bottini, delle Fonti monumentali e di tutto il patrimonio storico, culturale ed architettonico legato alle Acque di Siena.
Alcuni tratti di questo straordinario mondo sotterraneo (come anche lo speciale “Museo dell’Acqua” nelle Fonti di Pescaia) sono visitabili: un’esperienza affascinante che fa tornare indietro nella storia e vedere la città con altri occhi.
Vista la particolarità della visita, è obbligatoria una prenotazione che, una volta usciti dall’emergenza epidemiologica in corso, si potrà effettuare tramite il Comune di Siena
Nel centro antico di Siena esiste una “Via della Diana” e “passo della Diana” è il nome del rullo dei tamburi durante la Passeggiata storica, poco prima del Palio: a Siena il mito ed il ricordo del leggendario corso d’acqua è vivo ancora oggi !